Una larga fetta di italiani, soprattutto a causa della crisi economica, è sempre più attenta alle spese di natura medica: ben il 51% infatti afferma di fare molta più attenzione ad aprire il proprio portafoglio in occasione di spese legate alla salute. E sempre più numerose sono le occasioni in cui i cordoni della borsa restano del tutto chiusi: un italiano su cinque (19%) dichiara apertamente di sottoporsi a minori visite e controlli proprio perché comportano un costo troppo elevato che non può permettersi.
In un momento di forte dibattito sul futuro del Sistema Sanitario Nazionale, questo è quanto rilevato dall’ultima indagine1 realizzata dall’Osservatorio Sanità di UniSalute, la compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza e assicurazione sanitaria, che ha tastato il sentiment degli italiani, da sempre abituati a poter contare su un’assistenza medica gratuita o a prezzi calmierati garantita dallo Stato, sui costi della salute.
Non è però solo questione di denaro. Anche i lunghi tempi per riuscire a prenotare un esame con il servizio pubblico costituiscono un ostacolo concreto. L’indagine dell’Osservatorio ha focalizzato la sua attenzione anche su questo aspetto.
Il 31% degli italiani intervistati dichiara a questo proposito che normalmente impiega tra uno e tre mesi per riuscire a prenotare un appuntamento ma il 24% afferma che spesso è costretto ad attendere più di tre mesi. Una percentuale che sale al 29% tra le donne, fatto che non stupisce se si pensa che ben il 36% indica nella mammografia l’esame per il quale i tempi di prenotazione nel pubblico sono i più lunghi.
Anche l’ecografia (32%), che siano uomini o donne ad esprimersi, richiede molta pazienza se si decide di eseguirla attraverso il servizio pubblico. Al terzo posto per i tempi d’attesa si segnalano le visite e gli esami oculistici (27%).
Se rivolgersi al settore privato consente di risolvere il problema dei tempi di attesa, l’impatto sul portafoglio è tuttavia elevato: le stime parlano oggi di circa 10 miliardi spesi dagli italiani di tasca propria (fonte: elaborazione UniSalute su dati Censis). Un impatto destinato a crescere se l’offerta pubblica farà sempre più fatica ad affrontare i costi da sostenere. Gli italiani sembrano quindi destinati a dover scegliere tra fare crescenti sacrifici per potersi curare e rinunciare ad almeno parte delle prestazioni desiderate o alla tempestività delle cure. Se questa domanda fosse intercettata da operatori virtuosi del secondo pilastro, in grado di operare all’interno della filiera come una centrale di acquisto, controllando costi e qualità delle prestazioni erogate, potrebbe essere organizzata in modo efficiente per garantire tempi rapidi di accesso alle prestazioni, qualità delle stesse e costi contenuti, garantendo la sostenibilità dell’intero sistema.